giovedì 21 aprile 2011

Black out - 4



(segue da qui)

Massimo -per gli amici Max- inciampa nella semioscurità e cade rovinosamente al suolo. Ma non gli importa, non ci fa nemmeno caso, è troppo occupato a non credere ai suoi occhi: com'é che ora si trova nel fitto di un bosco? O meglio: come fa un bosco, una trama complessa di tronchi scuri e fitto sottobosco a perdita d'occhio, a crescere in un appartamento?
L'odore che sentiva gli pareva resina perché resina è proprio quello che è, muschio, bacche, aliti di vento umido; cedri e conifere altissime, Massimo -per gli amici Max- si rialza e in un attimo di lucidità si volta per vedere se la porta dell'appartamento è ancora là: come se se lo aspettasse, deve constatare che non c'é più.


Così inizia a camminare. L'aria frizzante, la luce giallastra che disegna raggi polverosi nella penombra tra le sagome degli alberi, lo inebriano, alterano la percezione del tempo. La luna è sopra di lui, enorme, gigantesca, infinita, incombente tra le cime degli alberi, colora di arancione fluorescente una larga fetta di cielo, per il resto punteggiato di stelle scintillanti sul fondo nero nero della notte. Massimo -per gli amici Max- si perde nel bosco, cammina per un tempo che sembra infinito, con le orecchie tese ad ascoltare e cercare di catalogare i mille piccoli rumori che salgono ovunque e fanno da sottofondo alla musica sottile del vento, che soffia altrove, sopra le cime degli alberi; ascolta piccoli passi sotto le foglie, richiami a volte appena percettibili sui rami più alti, rumore di battito di piccole ali che vaga veloce tra le silhouettes degli alberi sullo sfondo del volto enigmatico della gigantesca Luna.


I suoi passi che spezzano legno umido e smuovono foglie morte, e producono -forse- un eco dietro di lui e che si interrompe ogni volta che lui si ferma ad ascoltare. Si sente una inquietudine crescente salire dalla gabbia toracica e dalla bocca dello stomaco, Massimo -per gli amici Max- si sforza di non pensare all'assurdità di quella situazione, quasi una via di fuga per tentare di bloccare l'inquietudine sul nascere, ma anche un abbandono consapevole al fascino sconosciuto di quella realtà imprevista. Riprende a camminare, e un attimo dopo anche l'eco lontano dei suoi passi riprende e lo raggiunge: un passo, un eco lontano, un passo, un eco stavolta raddoppiato, un passo, una moltitudine di echi, e la bocca dello stomaco che si chiude di nuovo in uno spasimo. Massimo -per gli amici Max- è preoccupato, affretta il passo.


Ma ben presto il timore lascerà posto all'eccitazione. Raggi di luce gialla abitati da polvere umida fluttuante piovono tra le cime degli alberi e gli aghi sui rami, paralleli ai tronchi scuri, Massimo -per gli amici Max- arriva finalmente in prossimità di una radura: sarà larga almeno cinquecento metri, prato incolto, a un margine un ruscello tintinnante, dietro la quinta maestosa della Luna che non si alza ancora abbastanza da diventare bianca e cambiare il colore del bosco. Nella radura c'é movimento, tenendosi al riparo degli alberi più prossimi al margine del prato Massimo -per gli amici Max- si avvicina e osserva: lupi.

(continua)

1 commento:

Anonimo ha detto...

E poi?