giovedì 1 aprile 2010

Black out - 3



(Segue da qui)

Massimo -per gli amici Max- si infila abilmente nel portone approfittando di un condomino che esce a portare fuori il cane; il cane ringhia, il padrone lo tira via strozzandolo col guinzaglio. Prende l'ascensore e spinge con decisione il tasto col numero nove, si aggiusta il colletto della camicia guardandosi allo specchio. Quindi esce sul pianerottolo, constatando che la luce nella plafoniera è fuori uso, si vede solo con quella che viene dal piano di sotto.
Sale ancora una rampa di scale, nella semioscurità, si trova su un piccolo pianerottolo con due sole porte: una, al centro, è sicuramente quella della terrazza condominiale, l'altra, alla sua destra, è un appartamento, con tanto di campanello a fianco. Prende l'acendino e lo avvicina per leggere il nome: non c'é scritto nulla, un pò se l'aspettava. Dietro di lui una finestrella col vetro opaco aperta a libro. Massimo -per gli amici Max- scosta l'antina e guarda giù: con un senso di vertigine -che la coca che ha tirato non gli evita- si accorge che non riesce a scorgere il suolo, di sotto, vede solo un'indistinta foschia e nessun contorno identificabile come una strada, o un parcheggio, una siepe. Ma l'orizzonte c'é, e la Luna vista da là sembra ancora più grande, e vicina, la può quasi toccare tendendo la mano.



Torna a guardare la porta. Da sotto non filtra alcuna luce, ma ne esce un odore pungente, come di resina, fresco, appena percettibile; un refolo d'aria scorre e gli rinfresca le caviglie (finestre aperte?) per un attimo. Accosta l'orecchio al legno della porta: appena percettibile un fruscio indistinto. Qualunque cosa sia è un segno che qualcuno c'é. Bene.
Massimo -per gli amici Max- si fa coraggio, si aggiusta la camicia tirandola verso il basso e preme con decisione il campanello.



Che però non emette alcun suono, almeno non udibile dall'esterno. Accosta di nuovo l'orecchio alla porta, poi suona ancora, perplesso. Infine si decide a bussare . Ed è così, appoggiando solo una volta il pugno sul legno che la porta si scosta per qualche millimetro: aperta! Massimo non riesce a capire: tuttavia spinge lentamente la porta, e nell'oscurità (porta dimenticata aperta, serratura guasta?) scorge un piccolo ingresso, una luce fioca, gialla, colpisce di sbieco la parete di fondo, a nemmeno un metro dalla porta, vecchia carta da parati a righe verticali, righe di muffa. Una ventata di aria profumata l'avvolge: di nuovo resina, odore di sottobosco, terra bagnata. Ottimo profumatore d'ambiente, pensa non del tutto convinto, mentre si fa coraggio e muove il primo passo all'interno, senza nemmeno chiedersi se deve, se è giusto.
Le scarpe scricchiolano sui marmettoni umidi, alcune mattonelle sono malferme; Massimo volta l'angolo e...




(continua)

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