lunedì 20 ottobre 2008

Ora di colazione - 4



(segue da qui)

Il giovanotto è molto vicino, ormai. Prova un sentimento che è un'amalgama mal riuscita tra fastidio, pietà, impazienza, sopportazione, intolleranza, senso di colpa... e una certa dose di sorpresa. Si, perché ora si rende conto di non conoscere se stesso così bene come credeva; d'altra parte non si era mai messo alla prova in una situazione di -come dire- assistenza sociale, mai stato di fronte ad un bisognoso, nel senso di emarginato, qualcuno che avesse un normale e tutto sommato innocuo bisogno di una sua parola o anche solo della sua attenzione, un gesto, magari una strizzata d'occhio a simulare una inesistente complicità, peraltro gratuita e senza impegno. Perché questo gli pare, ora, la condizione umana del vecchietto, a parte i suoi appetiti particolari (che non è certo obbligato a soddisfarre, ci mancherebbe). Ma come, come può sostenere adesso anche solo un dialogo con una persona che ha palesemente delle mire così poco ortodosse su di lui? Parrebbe facile: guardare e non toccare!, potrebbe dirgli, ma magari così è troppo brusco. Cosa può fare, salutarlo dicendogli: buongiorno, io sono fidanzato con una ragazza? E poi il problema ormai riguarda anche se stesso.
Come deve porsi di fronte a se stesso? "Il risveglio della coscienza", aveva insinuato una volta la sua fidanzata senza che lui capisse se fosse sarcasmo; così aveva essa definito quell'attitudine verso il prossimo, genericamente, che gli altri di solito chiamano solidarietà, altruismo, generosità e via dicendo. Lei che è impegnata a scadenza fissa nella sua parrocchia, dove una volta a settimana va a parlare con gli anziani, a sentire i loro bisogni ed espletare le loro necessità, come fare la spesa, riscuotere la pensione, trovare medicine e così via.
Il giovanotto aveva pensato a volte che fosse solo un "lavaggio" della coscienza, altro che risveglio, ma a lei non si era mai azzardato a dirlo. Si, perché così è facile, pensa lui, è come un lavoro: vai là secondo i tuoi turni, dalla ora x alla ora y e poi te ne vai a vivere la vita che ti interessa sopra ogni cosa.
Diverso è invece vivere la vita che ti interessa sopra ogni cosa e all'interno di questa trovare situazioni di bisogno, che ti si parano davanti senza che tu le cerchi, e quindi le occasioni per esercitare l'attitudine di cui parla lei.
Questa, pensa adesso il giovanotto, può essere un'occasione (pensando alla propria autostima). Ma nell'intimo sa che, almeno stamane, non ne ha voglia.

Il vecchietto sta là, davanti alla saracinesca principale, a gambe larghe, le braccia appoggiate al bastone piantato al centro sul marciapiede grigio, costellato di mozziconi di sigarette e chewing-gum fossili, neri come la torba.
Pochi metri, qualche istante e sarà raggiunto dal giovanotto.
Ha una certa età, il vecchietto, e tanta esperienza di rapporti umani, nonché di relazioni 'particolari'. Ma ogni volta che si appresta a un approccio dei suoi il cuore gli batte un pò più forte, e le gambe gli vacillano appena. E poi c'é quel piccolo tarlo nel cuore, che mastica tranquillo da sempre, da quando gli hanno spiegato -quelli come lui- che lui è diverso, che non sta bene agli occhi della gente fare quello che fa, e che per questo deve farlo sempre di nascosto. Farlo si, perché ne ha bisogno come e anche più dell'aria che respira, ma di nascosto.
Gli occhi come due fessure, scrutano il giovanotto, immagine -stanchi ma 'voraci'- del conflitto che imperversa dentro, il vecchietto pregusta l'incontro e combatte col senso di colpa. Si tocca la bocca premendo sullo snodo della mandibola con le dita per tastarne la consistenza e la robustezza -'si, pare che funzioni ancora', pensa, si lecca l'interno delle labbra e deglutisce. E' vagamente eccitato, impaziente e inquieto.

Anche il giovanotto è inquieto, avvicinandosi controvoglia; i suoi buoni propositi di altruismo vengono spazzati via in un istante quando distingue chiaramente -ormai sono a pochissimi metri l'uno dall'altro- lo sguardo famelico ("lussurioso", direbbe lui) del vecchietto puntato su di lui, e malamente dissimulato con finta indifferenza. Calcola velocemente la traiettoria dello sguardo che lo colpisce e stabilisce che interessa la zona del suo addome. Lo stomaco ha uno spasmo impercettibile, come se sapesse di essere osservato, e in quel modo, colpito fisicamente.
Allora cerca di concentrarsi sul tempo che trascorrerà nel pomeriggio, una volta staccato, come se ignorando l'orario di lavoro questo scorresse via passandogli di fianco, senza toccarlo, solo sfiorandolo: la partita di calcetto con gli amici, doccia e poi fidanzata, cena fuori e poi a casa di lei... un pò meglio si sente, pronto a sopportare quella circostanza che incombeva.

"Buongiorno" fa il vecchietto. "Giorno", grugnisce il giovanotto. E così il destino dei due si compie.
(segue)

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