mercoledì 11 giugno 2008

Ora di colazione - 3




(segue da qui)

Il giovanotto si avvicina controvoglia e guarda il vechietto, là, in piedi, che lo aspetta. Ma stavolta lo faccio aspettare fuori, dice tra sè e sè, almeno questo!
I piccioni si scansano al suo passaggio; un paio di metri prima che lui li raggiunga cominciano a camminare velocemente, finché non si imbucano in qualche vicolo cieco -tra il muro e un cestino della spazzatura o un motorino sul marciapiede, e allora prendono rumorosamente il volo schiaffeggiando l'aria. Il giovanotto a volte si diverte a inseguirli, gli va appresso e cambia direzione dietro a loro ogni volta che loro lo fanno, credendo così di schivarlo, finché non decollano. Ma stamane non ne ha voglia, quasi indovinando che una mossa del genere potesse dare un argomento di conversazione al vecchietto (ho visto che ti diverti coi piccioni, sai anch'io alla tua età bla bla bla... si immagina).

Tuttavia... sarebbe un'opera buona, quella di ascoltarlo un pò -gli dice una vocina irrazionale dentro- magari vuole solo chiacchierare; poi dopo un pò il bar si riempie e non avrà più modo di ascoltarlo, o potrà facilmente farglielo credere, così il vecchietto se ne andrà soddisfatto. La domenica il bar è chiuso e da lunedi farà il turno di pomeriggio, per una settimana starà comunque tranquillo, perché il vecchietto non si vede quasi mai in giro dopo l'ora di pranzo.
Adesso il giovanotto si interroga sul vecchietto.
Che vita farà? Chi sarà? Magari soffre di solitudine, boh; e lo guarda, mentre si avvicina controvoglia. C'é qualche linea di sofferenza tra le rughe del volto del vecchietto, e quella sua andatura barcollante, magari è stato abbandonato dai familiari. Se ne aveva. Perché in effetti nessuno ne sa molto, sul vecchietto, nemmeno dove abita, per dire. Eppure, anche in un quartiere centrale e turistico come quello in genere si sa un pò di cose sui clienti abituali. Ma sul vecchietto, no. Sarà perché lui si presenta sempre con quell'aria sofferente, una volta è il caldo, una volta è il freddo, una volta un'altra cosa, che ci si fa scrupolo a parlargli. Un pò per una forma distorta di rispetto, un pò per quella misteriosa sensazione di disagio che provano molti, là nel bar, a stargli accanto.

Il vecchietto continua a scrutarlo. Ed è già più vicino, il giovanotto.
Ne vede bene gli occhi, ormai, le pupille bleu mezzo celate dalle palpebre per il sonno eppure vivide del loro colore, cerca di guardare meglio, come se volesse penetrare con lo sguardo nel suo cranio, per capire quale atteggiamento mentale sta tenendo adesso, il giovanotto, dato che è certo che l'ha visto. Con quale tipo di disposizione d'animo si accingerà all'inevitabile saluto. Tutto vuole, il vecchietto, fuorché urtare o irritare il giovanotto, giammai, gli piace -o meglio, lo attrae quando è sereno e rilassato, magari allegro: perché l'irritazione non è salutare, chiude lo stomaco, irrigidisce i muscoli, fa il sangue cattivo, produce adrenalina tossica. L'allegria, invece, fa bene, rilassa, tonifica, rassoda i muscoli della faccia... migliora la condizione di tutto il corpo. Questo lo sanno tutti.
Il problema è che il vecchietto non riesce da anni, ormai, a suscitare una risata o anche un semplice sorriso sincero in qualcuno, come potrebbe fare ora? Non si ricorda neanche, a ben vedere, quando è stata l'ultima volta che ha riso lui stesso. E tanto meno -addirittura- si ricorda quando ha avuto anche solo una conversazione con qualcuno che non si sia limitata allo stretto necessario e contingente. E' passata davvero un vita da quando aveva una vita. Come si è ridotto così? Si, certo, l'età avanzata nella società moderna è un limite non indifferente, si sa, l'anziano viene messo da parte, specialmente se non ha un interesse esclusivo a conversare coi suoi coetanei, ma cerca il contatto con altre fasce di età, quelle più giovani nella fattispecie. Perché è quella che interessa al vecchietto, ed è questo, lui pensa, l'altro problema. I suoi appetiti particolari che a volte pare gli si leggano in faccia, lui ha questa sensazione, e ha paura di tradirsi. Ma la realtà non è quella che alcuni credono di intuire: lui ha solo bisogno di 'sentirsi' ancora giovane, un bisogno intimo e disperato che nessuno potrebbe capire; lui deve 'succhiare' la gioventù per restare vivo. Ne ha bisogno la sua mente, l'intelligenza, i suoi sensi, ma ne ha bisogno anche il corpo, tutti i suoi tessuti e gli organi interni, epidermide e cartilagini.
Adesso vai a spiegare questo!
Ma lui ha rinunciato da tempo a manifestare la propria indole, la propria natura interiore. Non potrebbe mai. E poi non si fa, non è affatto conveniente, la gente non è ancora pronta per conoscere la sua verità, pensa. Così è stato educato, un'infinità di tempo fa, tanto che a momenti non se lo ricorda neanche. Certe cose -lo ha capito da tempo- è meglio non ricordarsele, in questo modo alleggerisce il peso da portare, come un fastidio che, ignorato, svanisce. Sa solo che adesso deve affrontare il giovanotto e non vuole irritarlo, contrariarlo, spaventarlo.
Lui, al giovanotto, gli vuole anche un pò di bene, in fondo, pur senza conoscerlo. Ma per questo, per conoscerlo, c'é sempre tempo, si diceva fino a ieri.
Perché ora invece ha fretta di 'concludere', ne ha bisogno e non può più aspettare.

(segue)

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