giovedì 15 gennaio 2009

Ora di colazione - 5





segue da qui

Il giovanotto fa finta di niente, tira fuori le chiavi e le infila nella serratura della saracinesca, girandole con forza; il vecchietto è impassibile, si è solo voltato a guardare. Deve decidere in fretta, prima che arrivi qualcuno, così cerca di attaccare discorso: "bella giornata, eh?" e subito considera la banalità di ciò che ha appena detto.
Il giovanotto non risponde, tira su la saracinesca e si infila dentro, ma subito deve riuscire fuori a portare i tavolini sul marciapiede, sennò non può neanche entrare nel locale.
"Su su, che domani non si lavora" seguita a banalizzare il vecchietto, "già" risponde stavolta il giovanotto, mentre sbatte con violenza una sedia per terra, quasi come se pretendesse che parlasse per lui.
Mentre il giovanotto fa avanti e indietro con tavoli e sedie il vecchietto lo guarda; sta cercando di cogliere pienamente con gli occhi l'armonia del disegno della sua muscolatura, ne osserva il modificarsi sotto sforzo, mentre si estende e si gonfia, gli sembra di cogliere un che di poetico nei lineamenti del viso imbronciato, e inevitabilmente lo sguardo finisce per posarsi sui glutei del giovanotto mentre egli si china a poggiare una sedia.
Poi il giovanotto entra nel locale, con la sua andatura eretta e le gambe larghe ben piantate per terra; il vecchietto è deciso, e lo segue all'interno, facendo finta di niente.
"Devo ancora accenderla" fa il giovanotto indicando col mento la macchina del caffé, "c'é da aspettare cinque minuti".
"Aspetto, non si preoccupi", è la risposta del vecchietto. Che sta calcolando le prossime mosse; il giovanotto si aspetta -spera- che il vecchietto a quel punto esca fuori, ma così non accade; quindi, dopo un attimo di esitazione decide di andarsi a cambiare, per guadagnare tempo e evitare che all'arrivo di altri clienti non sia ancora pronto. Così accende la macchina e poi va nel retro verso lo spogilatoio. Questa è una fortuna per il vecchietto: rimasto momentaneamente solo accosta la porta del bar e poi silenziosamente va a spiare il giovanotto: lo vede attraverso la porta socchiusa che già si è tolto la maglietta, e si ingolosisce. Osserva la schiena diritta e definita, i pettorali scolpiti -sembra anche meglio di quello che gli era parso fin'ora- con un accenno di peluria al centro del petto e su una striscia sottile che scende, oltrepassa l'ombelico e raggiunge la zona pubica.
Si toglie le scarpe, e a quel punto il vecchietto sa che deve agire: torna al banco e fa cadere deliberatamente una zuccheriera per terra (quello che deve fare, vuole farlo là perché ha bisogno di spazio, e lo spogliatoio gli pare troppo angusto): naturalmente il giovanotto corre a vedere cosa è successo: è a torso nudo, coi pantaloncini tirati su di fretta che gli arrivano apena sotto la vita, facendo spuntare gli slip, ed è senza scarpe. Il vecchietto ha un tuffo al cuore: lo trova bellissimo e un pò, in cuor suo, gli dispiace di stare per 'approfittarsi' di lui.
"Scusi" dice con falsa contrizione, "l'ho urtata col gomito senza volerlo". Il giovanotto fa la faccia esasperata, ma il vecchietto incalza: "come sta, giovanotto?"
"cosa?"
"si, intendo di salute come sta? ha problemi particolari?"
"in che senso?" risponde quello tra lo stupito e il contrariato.
"il fegato funziona bene? insomma cose così..."
"sto benissimo"
"bene, perché sa" e si toglie l'asciugamano dal collo "a vederla sembra scoppiare di salute, ma a volte l'apparenza inganna".
"eh?"
"ricordo ancora il ragazzo di due anni fa, sembrava sanissimo ma invece aveva una ipertrofia prostatica, dovuta al colon irritabile, che mi ha dato un pò di problemi per qualche settimana. Sa, io ho bisogno di carne fresca e soprattutto sana, sono sensibile a certe patologie. Ma lei mi asicura che non ha problemi di alcun tipo, vero?"
Lo sguardo immobile del giovanotto gli pare una conferma.
"Bene, allora la posso mangiare", e il giovanotto non sa se ridere o rispondere a brutto muso.

Ma il vecchietto si sposta sulla sua destra, e posa al margine del bancone il suo bastone, appendendolo per il manico curvo. Poi sposta una seconda zuccheriera dall'altra parte, quindi si toglie gli occhiali e se li infila nella tasca posteriore dei pantaloni, tutto con lentezza e tranquillità.
Guarda il giovanotto di fronte a lui fissandolo appena all'altezza del collo, chiude gli occhi e prende fiato come in procinto di compiere uno sforzo fisico e apre la bocca.
La apre al massimo in un atteggiamento di finta e quasi ridicola voracità, che suscita un moto vistoso di ilarità e compassione nel giovanotto, senonché con uno scrocchio secco la mascella si separa scendendo dal resto del volto, la pelle si tira, stirandosi in nuovi lembi nascosti come il mantice di una fisarmonica nelle gote, e la bocca si spalanca a dismisura in altezza, la testa ruota all'indietro in posizione praticamente verticale permettendo una più ampia apertura delle fauci. L'estensione delle gote procede ora anche in senso longitudinale; i denti si separano e scompaiono annegando nelle gengive che si gonfiano mentre un'altra fila di dentini, piccoli e aguzzi come quelli di un gaviale compare sul nuovo margine gengivale, più esterno rispetto al precedente; la bocca aperta ha ora una forma allungata, da rettile preistorico, e continua ad estendersi tra scrocchii e scatti come se si gonfiasse dopo un lungo periodo di torpore e inattività. Spalancata sarà alta almeno un metro e mezzo, e larga uno: dietro di essa non si vede più il vecchietto, nascosto completamente. Un sibilo sottile d'aria calda e putrida ne esce fuori mentre si apre ancora.
Il giovanotto è rigido come una statua. Impietrito, osserva a occhi spalancati e fissi, la bocca aperta e immobile, i muscoli rigidissimi non ricevono alcun ordine dal cervello. Il cervello è in stallo, corto circuito, un vuoto totale, tutto spazzato via da una gigantesca incredulità e un sottile, denso fumo di paura che giunge dal fondo.
Nella bocca enorme del vecchietto si snoda ora una lingua lunga e sottile, rosso vermiglio, un tentacolo umido e appiccicoso, che si muove come se avesse vita propria, un serpente cieco che sale verso l'alto estendendosi in tutta la sua lunghezza -uno stretto fascio di nervi di circa due metri- poi in una frazione di secondo e con uno schiocco secco si avventa intorno al collo del giovanotto stringendolo a più non posso. Il giovanotto non fa neanche in tempo a portarsi le mani al collo per cercare di liberarsi che, rosso, paonazzo in volto come se stesse per scoppiare, viene sollevato di peso con sorprendente facilità, come fosse una piuma, e introdotto per la testa nelle fauci spalancate, in posizione perpendicolare perché poggiato in parte sul bancone mentre lo scavalca. Poi dei muscoli potenti nella gola del vecchietto lo tirano giù un pò per volta, e altri muscoli nello stomaco aiutano a muovere il pasto.
Quando il giovanotto è ingoiato fino alla vita -sporgono di fuori solo il bacino e le gambe- da dentro la pancia del vecchietto si cominciano a sentire -crock crick crock crack- rumori soffocati di ossa spezzate, e in un attimo, quando anche i piedi spariscono giù per la gola, la bocca enorme ricomincia a chiudersi, emettendo gli stessi scrocchi e rumori di quando si apriva. Pochi secondi e tutto finisce.
Ora il vecchietto sta là fermo, appoggiato al bancone con tutte e due le mani, trema e ansima per lo sforzo
sovrumano, è stordito come se avesse preso una botta in testa e vede tutto sfocato. Suda, e gocce di sudore cadono sul pavimento pesanti come l'inizio di un temporale estivo.
Dopo qualche minuto sta meglio, riesce a stare in piedi da solo, senza appoggiarsi, e inizia a ricomporsi: per prima cosa tira fuori dalla tasca i suoi occhiali e se li infila, tenendoli un pò calati sul naso per evitare che si appannino, poi si sposta e afferra il bastone, sul quale si appoggia mentre si avvia verso l'uscita. Si ferma sull'uscio, chinandosi per vedere se fuori arriva qualcuno, e avverte una fitta all'addome. Nessuno in vista, si può uscire. Torna un attimo indietro e si serve un bicchiere d'acqua mescolandovi dentro un cuchiaino abbondante di zucchero, traendo beneficio dalla sua consistenza liquida che scendendo ripulisce l'esofago e compatta il bolo, quindi si incammina pestando coi sandali lo zucchero sul pavimento, che scoppietta sotto le suole.
Uscendo, il vecchietto fatica a camminare, si sente pesante, la sua pancia è decisamente cresciuta di volume, ma neanche tanto: sembra solo naturale pinguedine senile, un pò abbondante. Sta bene. Sa che si sentirà più leggero in capo a due-tre giorni, e che per un pò sarà sazio, e in questo momento non gli importa più di tutto quello che gli hanno detto in passato sulla sua natura e sul bisogno di fare le cose di nascosto, quasi di sentirsi in colpa.
Sopra di lui gabbiani e cornacchie girano in larghi cerchi sulla città, richiamandosi lamentosamente all'inizio di una nuova giornata.

fine

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