scena: il cortile di un oratorio, un campetto da calcio in terra con le due porte sfondate e una panchina sbilenca; sullo sfondo la sagoma di una chiesa col campanile
al centro del palco un gruppo di una decina di uomini, età assortite, mediamente tra i cinquanta e i settanta, pance andanti, capelli bianchi, sono vestiti come scolaretti -calzoncini corti da cui spuntano gambe sbilenche, grembiulino e fiocco- e stanno in posa come per la foto della squadra di calcio della classe: i più alti dietro e i più bassi davanti; prende la parola il più grasso, è veramente grasso e parla a nome di tutti, gli altri stanno zitti con lo sguardo nel vuoto
Salve. Siamo gli atei devoti, e stiamo andando a giocare nel Cortile dei Gentili. Ce lo meritiamo, perché abbiamo fatto per bene il nostro compitino e adesso ci fanno divertire un po’. Che bello, che bello! (batte le mani)
(parla come se stesse ripetendo la lezione studiata a casa)
Eppoi anche chi non crede sa che la Chiesa è importante e la Chiesa è buona e giusta e la Chiesa sa cosa è giusto per noi che non crediamo credendo di non credere pur credendo, e la Chiesa non si può fare senza perché è l’unica che può garantire la vera libertà che è quella di credere di non credere credendo di credere che non si crede in ciò in cui si crede credendoci.
Orsù, andiamo tutti nel Cortile dei Gentili, dove ci divertiremo e ci butteranno le noccioline e saremo tutti felici e credenti!
(faccia perplessa) Spero solo che il pallone ce l’abbiano loro, perché a noi hanno detto di non portarlo...
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