martedì 18 marzo 2008

Il brutto anatroccolo - sci-fi version



Il brutto anatroccolo
da Astronomia.com

Come era stato bello il periodo in cui l’enorme nebulosa aveva cominciato ad agitarsi e si erano formati al suo interno nuclei ad alta densità che avrebbero dato origine a centinaia di stelle. Sarebbe stata una di quelle e, ovunque guardasse, vedeva altre condensazioni simili a lei. Anche se era passato moltissimo tempo da quando la nebulosa era stata espulsa dall’esplosione di una supernova, ognuna di loro SAPEVA benissimo quale sarebbe stata la propria evoluzione e restava in trepida attesa di ripetere il ciclo di morte e nascita di una stella. Per milioni e milioni di anni avevano aspettato che la nube ricominciasse a vivere ed ora finalmente toccava a loro. Sentiva che il gas si contraeva e collassava verso il centro. Che emozione sentirlo ruotare ad alta velocità, avvertire la sua temperatura salire. Già pensava a quando il calore sarebbe stato abbastanza alto e la pressione sufficiente per cominciare a trasformare il suo idrogeno in elio e produrre l’energia necessaria a competere con la gravità che tendeva a schiacciarla. Che momento eccezionale sarebbe stato quello del raggiungimento dell’equilibrio tra le due forze in gioco: quella che tendeva a schiacciarla e quella creata dalla fusione dell’idrogeno che tendeva a dilatarla. A quel punto il suo motore sarebbe stato a regime e avrebbe continuato a funzionare per milioni o miliardi di anni.

Tutto ovviamente dipendeva da quanto era grande la massa di gas che aveva cominciato a contrarsi e da cui stava nascendo. Questo non lo poteva sapere, ma gli sembrava di essere enorme, sebbene non gigantesca come quella subito alla sua destra. In fondo era una grande fortuna. Quelle troppo grandi si sarebbero consumate in fretta e sarebbero esplose nel giro di pochi milioni di anni. Lei, invece, poteva probabilmente vivere per miliardi di anni e fornire luce e calore tutt’attorno. Forse avrebbe avuto anche dei pianeti tutti SUOI. Già si vedeva circondata da un bellissimo corteo di sudditi planetari che dipendevano completamente da lei. Che bello essere una stella! Non vedeva l’ora che la vita scattasse. Le sembrava ormai di essere caldissima e di poter cominciare da un momento all’altro a fondere il suo idrogeno. Poi si accorgeva che ancora non succedeva niente. Pazienza, non doveva avere fretta. Vide molte stelle iniziare a bruciare intorno, ma si disse: ”sono le giganti, prima cominciano e meno vivono, meglio aspettare”.

Cominciò ad agitarsi quando il numero di stelle già formate crebbe sempre di più e ormai quasi tutte le concentrazioni di gas, dapprima scure come lei, stavano ormai brillando per l’accensione del loro motore.

E lei? Perché non riusciva ad iniziare la sua tanto agognata vita di stella? Poi, mentre l’angoscia era diventata quasi insopportabile, ecco i primi bagliori di luce. Finalmente! Si sentì bellissima ed importantissima. Ma la gioia durò poco. Si accorse in fretta che stava solo bruciando il deuterio ed il litio e che li avrebbe consumati molto lentamente. Ma niente accadeva al suo idrogeno più semplice. Rimaneva inerte. Forse era troppo piccola. Oh no! Questo voleva dire una vita pressoché eterna, ma senza potere mai competere con le sue compagne. Aveva quasi paura di dire quella parola, ma sapeva benissimo ormai che quello era il suo destino: sarebbe rimasta una NANA BRUNA. Non c’era niente di peggio. Essere snobbata dalle altre stelle, ma essere troppo grande per essere accettata come un pianeta. Un destino atroce.

Avrebbe continuato a contrarsi lentamente per tutta la vita, senza mai accendere il suo motore, mentre la temperatura sarebbe lentamente diminuita senza alcuna speranza. La paura divenne certezza quando sentì le risate delle stelle che ormai brillavano attorno a lei; qualcuna lo fece con discrezione e sorrise appena, altre invece le sbandierarono con alterigia i loro sistemi planetari che si stavano formando. Addirittura sentì dire dalla più grande di quel paio di maledette ex-compagne alla sua sinistra “pensa che io ho tre pianeti grandi quasi come lei!!” Altre, poche in verità, mostrarono segni di pietà e sentì che la stavano compatendo. Era ancora peggio. Sentirsi così “diversa”, dopo aver sperato solo in un’esistenza normale. A quel punto doveva proprio rassegnarsi e smettere di illudersi. Ma era terribile sapere che questa sofferenza sarebbe stata lunghissima. Che avrebbe visto le sue compagne esplodere più o meno violentemente per poi diventare nane bianche, pulsar, buchi neri. E lei niente, sempre uguale, senza nemmeno sperare in una morte eclatante.

Passarono milioni e poi miliardi di anni. Molte delle sue ex-compagne erano già esplose, altre stavano diventando super-giganti e tra poco avrebbero espulso il loro gas sottoforma di fantastiche nebulose planetarie. Vedeva anche qualche buco nero che stava catturando con bramosia e quasi ingordigia la materia espulsa dagli astri limitrofi. Era ormai rimasta praticamente sola. Non riusciva però nemmeno a godere un poco della morte delle sue ex-compagne. Loro almeno aveva vissuto da VERE stelle. Lei era solo una NANA BRUNA e lo sarebbe stato ancora per molto, molto tempo!!

Poi, un giorno, li vide arrivare su una argentea e affusolata astronave. Si accorse a malapena che all’interno di quel minuscolo e strano oggetto, vi era un brulicare di essere viventi. E sembravano contentissimi nel vederla. Saltavano, si abbracciavano, e la indicavano ridendo in vera allegria. Se non altro era un diversivo e si sentì meglio. Non era più sola e triste. Ben poca cosa, ma meglio di niente.

Purtroppo però se ne andarono in fretta. Ecco, anche quei piccoli esseri la consideravano una nullità, anche loro l’avevano presa in giro e ora tutto ritornava come prima. Probabilmente erano voluti venire a vedere da vicino un “mostriciattolo” dello Spazio, uno sgorbio della Natura. Sicuramente era stata una delle maligne sorelle vicine ad indicarla al pubblico ludibrio. Come se non avesse già abbastanza tristezza nel suo nucleo inerte. Sperava solo che non venissero altri a deriderla. Che colpa aveva lei se l’idrogeno non era stato sufficiente? Avrebbe dato chissà cosa per essere una stella normale e vivere appartata, felice solo di produrre energia e spanderla tutt’attorno. Si guardò intorno e vide com’era bello l’Universo e come ogni oggetto facesse la sua parte rispettando l’armonia celeste. Ma lei no. Lei non serviva a niente, era solo uno spreco di materia. Possibile che non si potesse farla finita e concludere in qualche modo quella vita così miserevole? Con questi tristi pensieri passarono molti lunghissimi anni.

Un giorno arrivarono nuovamente dei visitatori. Accidenti, ma non potevano lasciarla in pace! Questa volta però non era più solo un astronave, ma un’intera flotta. I colori e le forme erano identici a quelli che aveva visto tanti anni prima. Gli “scocciatori” erano gli stessi, ne era sicura, ma il loro numero era veramente enorme. E poi cos’era quella sfera, gigantesca per loro, che si portavano dietro, trainandola con qualcosa che non riusciva a percepire? Ma si! Era un pianeta, un vero pianeta. Le stavano portando un compagno? Sarebbe stato meraviglioso! E ben poco le importava che fosse molto piccolo. Che splendido regalo le stavano facendo, ma non voleva ancora crederci. Si accorse che lo avevano messo in un’orbita abbastanza lontana da lei. Peccato, avrebbe preferito averlo molto più vicino. Ma meglio non chiedere di più alla fortuna che le aveva riservato questa magnifica sorpresa. Poi vide che molte astronavi stavano portando grosse tubature verso di lei, e queste sembravano lunghissime e si perdevano nelle nebulosità attorno ad altre stelle ormai morte. Era un altro tipo di scherzo? Si era illusa troppo presto?

Ad un certo momento senti che qualcosa stava entrando in lei. Si sentì piena di nuova energia. Cosa stava accadendo? Dopo poco non ebbe più dubbi. La stavano “nutrendo” di idrogeno ed il flusso sembrava inarrestabile. Sentì salire la temperatura, sentì crescere la massa, e sentì anche che si stava contraendo sempre di più. A quel punto i tubi vennero staccati, le astronavi si allontanarono velocemente e si rifugiarono vicine al pianeta in attesa di qualcosa. Fu un momento di indescrivibile paura e tensione. Lei anche stava aspettando e non voleva nemmeno sperare in quello che sentiva ormai molto prossimo. Poi accadde. Il suo idrogeno cominciò a bruciare ed in poco tempo sentì che il motore stava marciando a pieni giri. Era una stella, una vera stella!! Promise dentro di sé di garantire fino alla fine il calore, l’energia e la vita a quello straordinario pianeta che le girava attorno ammirandola nel suo splendore. Era diventata bellissima. Gli sembrò quasi di sentire urlare quelle piccole creature che guardavano verso di lei: “abbiamo di nuovo il Sole, evviva il Sole”.

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