venerdì 4 gennaio 2008

Malati di web





di Richard Fisher

Ricerche compulsive con Google. Eccessi di Wikipedia e iTunes. Nuove patologie, qui racconatte dalle 'vittime'.

Salve, mi chiamo Richard e sono un ego-navigatore. È iniziato tutto cinque anni fa - e ora ho bisogno di aiuto. Come la maggior parte dei giornalisti, non posso negare che vedere la mia firma sulla carta stampata mi dia una gioia segreta. Ora Internet mi permette di soddisfare questa vanità su una scala molto più vasta. Scrivo il mio nome nel box di ricerca di Google e controllo la sua posizione. Ormai è diventata un'ossessione. Soffro di un'abitudine disfunzionale e non sono certo il solo: le nuove tecnologie hanno fatto emergere un'ampia serie di insospettabili disturbi della personalità.
Molti, invece di parlare con il collega seduto a pochi metri, gli scrivono un'email. Altri cercano online notizie di vecchi amici. C'è chi rivela un alto livello di conoscenza dei blog e chi finge di essere un'altra persona.
Ma si tratta di nuove versioni di vecchi problemi, o stiamo sviluppando "bachi" mentali finora inediti? La scienza ha già dimostrato che il meccanismo della dipendenza, si tratti di droga come di altro, segue gli stessi tracciati neurali. L'esistenza della rete ha solo creato nuove occasioni. Wikipedia, per esempio, è diventata una mania per almeno 2.400 persone, ciascuna delle quali vanta l'edizione di quattromila pagine dell'enciclopedia online aperta ai contributi degli utenti.
Dan Cosley studia le community in rete alla Cornell University di New York. "Per certe persone", spiega, "è esattamente come farsi di crack". Haliyana Khalid e Alan Dix, invece, alla Lancaster University, Gran Bretagna, studiano gli spioni di foto: appassionati di siti con immagini di persone mai viste che le hanno messe in rete. C'è chi "sfoglia" gli album di vite altrui almeno una volta al giorno.
Secondo i due studiosi, cerca di ritrovare le proprie emozioni usando le immagini degli stessi momenti chiave della vita, le nozze ad esempio, vissuti dagli altri.
L'email è un altro territorio pericoloso: finalmente si scrive di nuovo, è vero, ma non si valuta la facilità con cui il testo può essere letto da chiunque.
In più, secondo Pam Briggs, specialista in interazione umana via computer della Northumbria University, il mezzo è così "asettico" che si tende a reagire componendo messaggi più emozionali o più intimi del dovuto. Stesso discorso per i blog, dove molti esibiscono informazioni private che non darebbero mai al pubblico in carne e ossa di una sala affollata.
Non basta. Secondo Jeff Hankock, che alla Cornell University studia la comunicazione mediata dal computer, il modo in cui agiamo e ci emozioniamo in rete modifica anche il nostro comportamento "off line".
Hankock sta confrontando la maniera di esprimersi su un blog con quella che si usa su un normale file di Word. Ha sottoposto a un test due gruppi di persone, chiedendo a tutti di essere il più estroversi possibile. Quelli che hanno scritto sui blog lo sono stati molto di più. E i loro comportamenti nella vita quotidiana, secondo Hankock, ne vengono modificati. Il tutto, fa immaginare un circuito in cui il nostro io virtuale e la nostra vita pubblica si influenzano sempre più a vicenda, rendendoci più indulgenti, più indiscreti, forse più egocentrici. Quanto a me, spero che questo articolo migliori la mia posizione su Google.

Ci riconosciamo?

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